Pochi giorni fa a Roverè Veronese, in provincia di Verona, la nuova raccolta di lana sucida da parte dei soci dell’associazione nata nel 2012 sulla montagna veronese. Una rete di allevatori, artigiani e commercianti da otto anni valorizza il prodotto in un ciclo di filiera completa dando lavoro a giovani, preservando l’ambiente e garantendo la sopravvivenza della specie animale.
Due tonnellate di lana sucida, ovvero non ancora passata al lavaggio. È questo il quantitativo annuo medio che i soci dell’Associazione per la promozione e la tutela della pecora Brogna – nata nel 2012 allo scopo di scongiurare l’estinzione dell’ultima razza ovina autoctona della montagna veronese – riescono a raccogliere e a spedire a Prato o a Biella per il lavaggio e la conseguente trasformazione del prodotto grezzo.
Una raccolta che è stata effettuata anche pochi giorni fa a Roverè Veronese, in Lessinia, nell’antico comune cimbro che funge da meta e da punto di incontro per circa dodici allevatori della provincia che conferiscono il prodotto, lo destinano a una valorizzazione ed evitano, altresì, che venga smaltito come rifiuto speciale. Tra loro ci sono anche Giuliano Menegazzi, di Erbezzo, e Cristina Ferrarini, di Sant’Anna d’Alfaedo.
IL RUOLO CHIAVE DELL’ASSOCIAZIONE
«L’associazione per la promozione e la tutela della pecora Brogna nasce nel maggio 2012, riunendo allevatori, tecnici del settore, ristoratori e trasformatori, con lo scopo di evitare l’estinzione di una razza autoctona, patrimonio di biodiversità culturale della Lessinia. – spiega Menegazzi, tra i soci fondatori – Il suo intento è quello di promuovere la valorizzazione dei prodotti ottenuti da questo prezioso animale, per consentire agli allevatori di continuare a presidiare il territorio, ritornando a dare così a questa zootecnia di montagna quel ruolo fondamentale di custode dell’ambiente che già ricopre da centinaia di anni e che è stato certificato recentemente anche dal Ministero delle Politiche agricole e forestali con l’inserimento degli Alti Pascoli della Lessinia nel Registro dei Paesaggi rurali di interesse storico».
«Otto anni fa, quando siamo partiti, abbiamo creato tante iniziative e il coinvolgimento da parte degli allevatori, e non solo, è cresciuto costantemente. Nel 2012 c’erano 2500 capi certificati, oggi sono quasi 4000 quelli distribuiti in più di 40 allevamenti in Veneto. Una quindicina sono nati proprio dopo quel maggio del 2012, e per lo più grazie a iniziative di giovani. Tra questi anche io e Cristina».
«L’associazione ha l’obiettivo di creare e diversificare le potenzialità della pecora Brogna, ad esempio individuando e seguendo le filiere di latte, carne e lana. Proprio parlando di lana, siamo arrivati al settimo anno consecutivo di raccolta» sottolinea Cristina Ferrarini, che da poco ha aperto un laboratorio di tintura naturale della lana di pecora Brogna e alpaca, con vendita di prodotti filati e lavorati, a Molina, piccolo centro montano nel Comune di Fumane.
LA FILIERA DELLA LANA
«Tosiamo i nostri animali ogni primavera, da febbraio a giugno, per permettere alle pecore di affrontare i mesi estivi in una condizione di benessere. – prosegue Cristina – Tuttavia la raccolta la organizziamo ogni due anni, a Roverè, comune baricentrico rispetto agli allevamenti distribuiti in provincia, per raggiungere il quantitativo necessario all’invio agli impianti di lavaggio che si trovano a Prato, purtroppo ancora per poco, e a Biella».
«Una delle criticità della filiera è proprio legata agli impianti di lavaggio. – riprende Menegazzi – Con la chiusura prevista a fine anno di quello di Prato, in Italia rimane solo quello piemontese, tuttavia stiamo già pensando a delle alternative con gli amici allevatori della zona di Alpago. Dei circa duemila chilogrammi di lana sucida che raccogliamo qui a Verona, circa il 40% si trasforma poi in filato nelle aziende biellesi e la lana di pecora Brogna viene poi portata anche in Europa dalle lanivendole presenti in Liguria».
L’ARTIGIANATO E LA FILIERA LOCALE
La lana, dopo essere stata allevata sul territorio veronese, va in Piemonte per il lavaggio e, lavorata, torna in parte in Lessinia. È qui che a seguito di questa attività di tutela e valorizzazione della pecora Brogna sono nate alcune attività artigianali tra cui quella di Cristina. «Io, oltre ad allevare, coloro la lana con metodo naturale, utilizzando coloranti naturali derivati da fiori e piante che coltivo qui in Lessinia. Ci sono altre attività che sono nate sulla spinta di questa filiera, come una maglieria a Cerro Veronese, dove c’è anche una tessitrice che lavora con un telaio a mano, ma anche un’altra tessitrice e una filatrice a Verona città, una ragazza che si occupa come me di tintura naturale a Mantova, una magliaia a Torino e queste lanivendole, di cui parlava anche Giuliano Menegazzi, che tingono e producono filati a Genova».
«Si sta creando un circuito interessante, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. – aggiunge ancora Menegazzi – Si tratta di un esempio di microfiliera con un potenziale molto elevato e che può esplodere in positivo negli anni che verranno. Sappiamo quanta attenzione ci sia nei confronti della sostenibilità economica e ambientale dei territori, specie quelli montani; delle opportunità offerte ai giovani, che qui stanno rispondendo molto bene; della salvaguardia del patrimonio rurale che è stato riconosciuto anche con la recente iscrizione degli Alti Pascoli nel Registro ministeriale. Con la pecora Brogna siamo sulla strada giusta».
PRODOTTI E CARATTERISTICHE DELLA LANA
Con la lana di pecora Brogna si producono i filati da aguglieria e maglieria di tipo pettinati e semipettinati; ritorti e a capo unico di diverse misure per consentire un’ampia gamma di lavorazioni. Poi c’è la maglieria con maglioni, berretti, scaldacollo; prodotti quali lanotti (piumini imbottiti di lana), trapunte (quilt) in collaborazione con un trapuntificio di Trento; con il recupero dello scarto della filatura, da cui si ricava un feltro pressato, anche ciabatte e altri prodotti per la casa.
«Quali caratteristiche ha la lana Brogna? – conclude Cristina Ferrarini – È una lana rustica, non troppo fine, al tatto risulta un po’ secca, ma ha un grande pregio: tende a non infeltrire e con i primi lavaggi si ammorbidisce. Ha un’ottima elasticità e si presta molto bene alla filatura e alla lavorazione. Tra i tecnici biellesi c’è chi l’ha paragonata alla lana delle Shetland, un paragone che ci ha riempito di orgoglio».